Uno degli elementi su cui si basa il licenziamento per giusta causa è il venire meno dei presupposti per continuare un rapporto di lavoro. In altre parole, la mancanza di fiducia. Se mi dici che sei malato e ti trovo a giocare la partitella di calcio a 5 con gli amici, non ha importanza se sei beccato da un investigatore privato o dalla fidanzata del figlio del titolare che poi ha riferito tutto. Quello che conta è che hai mentito all’azienda. La quale, per ovvi motivi, non sarà più in grado di fidarsi di quel dipendente.
A tal proposito, la Cassazione precisa che «per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva del medesimo, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità dell’elemento intenzionale e, dall’altro, la proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare ». Chiaro, no? Se non lo fosse, ecco la sintesi della stessa Suprema Corte: «Il licenziamento per giusta causa è legittimo in quanto sono state riscontrate mala fede e slealtà nei confronti del datore di lavoro, e sono quindi presenti gli estremi di una mancanza tanto grave da incidere in maniera diretta sul rapporto fiduciario, così da impedire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro ». Più chiaro di così…
Fonte: https://www.laleggepertutti.it/151390_assenteista-dal-lavoro-licenziato-anche-se-scoperto-da-investigatore