Infedeltà coniugale, rifiuto di avere rapporti sessuali, maltrattamenti in famiglia: ecco quando e perché la giurisprudenza ammette il risarcimento del danno.
Anche all’interno della famiglia possono verificarsi situazioni che portano uno dei coniugi a chiedere il risarcimento del danno. Infedeltà, maltrattamenti, rifiuto di avere rapporti sessuali: se tutto genera sofferenze psicofisiche rilevanti, chi le ha subite può ottenere un ristoro patrimoniale. Vediamo quindi quando, secondo la giurisprudenza, è legittimo chiedere i danni al marito o alla moglie.
I danni all’interno della famiglia
Il risarcimento dei danni tra i membri della famiglia costituisce una realtà molto giovane all’interno del nostro ordinamento. Se andiamo indietro di qualche anno, infatti, scopriamo che la Cassazione era piuttosto restia ad accogliere le domande risarcitorie tra coniugi. La motivazione principale? Il diritto di famiglia veniva visto come un sistema autonomo, quasi chiuso, con regole proprie e «sanzioni» specifiche dettate per chi non rispettava i doveri coniugali. Ad esempio, in caso di tradimento da parte di uno dei coniugi, l’altro non poteva chiedere il risarcimento, perché la legge già gli conferiva la possibilità di domandare la separazione e il divorzio. Al massimo, il comportamento scorretto di uno dei coniugi sarebbe valso come causa di addebito della separazione stessa. La situazione cambia poco più di dodici anni fa, quando la Cassazione per la prima volta consente al coniuge danneggiato di chiedere il risarcimento del danno per «lesione del diritto alla sessualità» [1]. Lo strumento risarcitorio entra definitivamente all’interno delle mura domestiche. Vediamo quindi, quando si possono chiedere i danni al marito o alla moglie.
Quando chiedere i danni al coniuge
Il nostro codice civile afferma che «qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno» [2]. Inoltre, «il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge» [3]. Per danno non patrimoniale si intende il pregiudizio psicologico (o fisico) patito a causa dell’azione altrui (si pensi ad una depressione conseguente ad un tradimento). Non tutti i danni non patrimoniali, però, sono considerati risarcibili. Il risarcimento può essere chiesto solo se l’autore del fatto ha leso un diritto previsto dalla nostra Costituzione (si pensi al diritto all’onore, alla reputazione, alla dignità personale, alla libertà sessuale e così via).
si può chiedere il risarcimento se è stato leso il diritto alla sessualità
Ad esempio, se uno dei coniugi rifiuta di avere rapporti sessuali, l’altro potrà chiedere il risarcimento del danno perché leso nel suo diritto alla sessualità, oramai inteso come diritto inviolabile della persona e, quindi, costituzionalmente garantito. Va altresì sottolineato che la famiglia costituisce l’ambiente per eccellenza ove ogni individuo esprime la sua personalità e consegue la propria autorealizzazione. La lesione di alcuni suoi diritti inviolabili, paradossalmente, assume in ambito familiare una consistenza abbastanza grave, proprio perché è principalmente nella famiglia che ogni persona (marito o moglie che sia) ha diritto di star bene e raggiungere le proprie aspirazioni.
Casistica
Ecco alcuni dei casi in cui si possono chiedere i danni al marito o alla moglie.
La violazione del dovere di fedeltà
Se uno dei coniugi è infedele nel corso del matrimonio, l’altro può chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale subito. In questo caso il soggetto ha violato il dovere di fedeltà, inteso non solo nel senso di astenersi dall’avere rapporti al di fuori del matrimonio, ma anche come violazione dell’obbligo di assistenza (anche sessuale) nei confronti dell’altro coniuge. Sul punto va fatta una precisazione. Il risarcimento non può essere chiesto in conseguenza di ogni comportamento fedifrago del coniuge. È inevitabile che la persona tradita patisca sempre una fisiologica sofferenza, dovuta, nei rapporti di coppia, al legame sentimentale con l’altra persona.
occorre che il danno subito sia particolarmente intenso
Perché l’infedeltà possa essere causa di risarcimento, però, occorre che il danno subito sia particolarmente intenso. Esso, cioè, deve andare oltre quel dolore fisiologico e naturale patito a seguito del fatto (che al massimo può essere causa di addebito della separazione). Il risarcimento, ad esempio, può essere chiesto se la sofferenza è stata talmente forte da aver generato una depressione o un rilevante sconvolgimento delle abitudini di vita quotidiana. Ancora, si pensi ad una relazione fedifraga pubblica, tale da ledere gravemente la dignità della moglie o del marito tradito. In tutti questi casi si ha diritto al risarcimento, a patto che si dimostri in giudizio di aver subito un danno rilevante.
Il rifiuto di rapporti sessuali
Altra causa di risarcimento può essere quella del rifiuto di avere rapporti sessuali col proprio coniuge. Il diritto alla sessualità è stato ormai più volte riconosciuto dalla Cassazione. Si tratta di un diritto fondamentale, garantito dalla Costituzione. La sessualità è uno dei modi principali in cui ogni individuo esprime la propria personalità. All’interno del matrimonio essa assume una connotazione ancora più pregnante, quale modo per realizzare integralmente l’unione coniugale, anche con riferimento ad un’eventuale procreazione. Pertanto, si potranno chiedere i danni al marito o alla moglie che rifiutano di avere rapporti sessuali, se ciò si traduce in una sofferenza rilevante. Ancor più, se vengono gravemente lesi l’onore, la reputazione e la dignità del soggetto.
Informazione importanti omesse prima del matrimonio
Se prima del matrimonio uno dei nubendi non comunica all’altro un qualcosa che può essere di ostacolo ad una serena vita coniugale, può scattare il diritto al risarcimento del danno. Si pensi al soggetto che non dichiari prima delle nozze di essere impotente, o di avere una malattia piuttosto grave o invalidante. In pratica tutte quelle situazioni che, se conosciute dall’altro coniuge, non avrebbero condotto quest’ultimo a pronunciare il fatidico sì. Ad essere lesi, infatti, sono soprattutto i doveri di fedeltà e lealtà coniugale, con eventuali riflessi sul diritto alla sessualità e su quello alla maternità.
Maltrattamenti e «mobbing familiare»
Si pensi a maltrattamenti continui, comportamenti denigratori, vessazioni ripetute che annullino l’autostima e la personalità del coniuge. La persona che subisce offese, molestie, violenze psichiche e fisiche può senz’altro chiedere il risarcimento dei danni patiti. Ovviamente non si esclude, in questi casi, la rilevanza penale delle condotte perpetrate.
note
[1] Cass. sent. n. 9801/2005 del 10.05.2005.
fonte: https://www.laleggepertutti.it/166003_quando-chiedere-i-danni-al-marito-o-alla-moglie